IL MONDO SOTTO BERLINO
*Il mondo sotto Berlino / 1*
Muri che separano esseri umani degni di essere considerati tali dagli altri, i “diversi” (per “ragioni” politiche, sociali, etniche e sessuali) privati di ogni diritto e della loro umanità. Muri che separano uno stesso popolo - genitori e figli, fratelli e sorelle; amori e amicizie - perché lo richiedono le logiche degli equilibri internazionali. Quelli che chiudono il campo di Dachau (primo del Terzo Reich e brutale modello del sistema dei lager nazisti) con i suoi duecentomila internati, e più di quarantamila morti, tra 1933 e 1945. Quello che tra il 1961 e il 1989 separa Berlino Ovest da Berlino Est, la cui quotidianità “democratico-socialista” è stata ripercorsa attraverso le foto, i giornali e gli oggetti di uso quotidiano raccolti nel Museo della DDR della capitale tedesca. In mezzo 584 chilometri nel cuore dell’Europa, da Monaco a Berlino, che gli studenti del Morandi hanno percorso nei primi due giorni del “viaggio della memoria” (con i prof. Giovanardi, Molinari, Pesci e Pinca), riflettendo, sui sedili di un vero e proprio pullman-laboratorio, sui concetti di libertà e arbitrio, ideologia e cittadinanza, legalità e “verità storica”, vissuti e praticati come i cardini di un presente che si faccia - che torni a farsi - incontro e riconoscimento tra individui e culture.
*Il mondo sotto Berlino / 2*
Narrazioni di vetro e acciaio - a ricordarci la fragilità di una democrazia sempre a rischio di venir bruciata, se non la si trapunta su un’intelaiatura di consapevolezza e partecipazione - che si specchiano nei pannelli di una storia sbandata e sbranata e risuonano, brutali, sulla ghiaia sgranata tra le baracche e la barbarie, per ritrovarsi poi lungo le linee di una memoria che quasi perde l’equilibrio su una terra inclinata verso l’indicibile e tra duemilasettecentoundici cicatrici di calcestruzzo. E “il mondo sotto Berlino” si capovolge, due volte, tre volte, prima di riscoprire che può esserci ancora giustizia, o perlomeno un giudice e una traccia di diritto, magari a Norimberga.
Dalla cupola del Reichstag, dal 1999 di nuovo sede del Bundestag tedesco, alle stanze della Topografia del Terrore nazista, dal lager di Sachsenhausen allo Jüdisches Museum e al Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa; dalle linee di un’identità scomposta e ricomposta, forse già consumata e smarrita - quelle che erano filo spinato sotto la Porta di Brandeburgo e oggi si sono fatte sfilata di led e di brand nella gigantografia di Alexanderplatz - all’aula del processo ai gerarchi nazisti, sostanza e allo stesso tempo simbolo di una tutela internazionale dei diritti degli individui e dei popoli. Così, tra il 16 e il 19 ottobre, si conclude, senza abbreviarla o sfumarla, il viaggio del Morandi nella storia più cruda e profonda del nostro Novecento